Studi sul Settecento Romano

 

Rivista annuale, ANVUR classe A

 

Studi sul Settecento Romano 33

Antico, Città, Architettura, II

dai disegni e manoscritti dell’Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte

 

a cura di Elisa Debenedetti

 

 

 

Il cardinal Ottoboni: un ritratto “molto intimo” e alcune possibili committenze


Angela Negro

 

Un esame dettagliato delle relazioni famigliari e di committenza di Pietro Ottoboni (1667-1740) il “ cardinal nepote di gran lunga più raffinato dopo Francesco Barberini” come ebbe a dire Haskell, permette oggi di indagare, anche sul versante personale, il suo straordinario mecenatismo. Alla relazione giovanile con Margherita Pio di Savoia sembra riconducibile un suo ritratto presso il Museo Correr di Venezia di mano di Francesco Trevisani .

Gli stretti contatti che componevano la sua cerchia familiare in cui figuravano i cugini cardinali Luigi Prioli e Giovan Battista Rubini inducono ad assegnare ad artisti da lui protetti come Angelo De’ Rossi il “ Monumento Rubini” in S. Marco, e Francesco Moderati quello Prioli nella stessa chiesa.

Alcuni dipinti vengono collegati alla presenza del cardinale ad Albano: due di Michelangelo Ricciolini, suo protetto, in S. Maria della Stella e due di Pietro Lucatelli, nell’abbazia di S. Paolo di cui fu priore rendendola il suo gran palcoscenico mondano.

Infine ancora al mondo ottoboniano, straordinario manifesto del barocchetto a Roma nel primo quarantennio del 700 vengono ricondotti la testimonianza di un soffitto di Michelangelo Cerruti nel Palazzo della Cancelleria, trasformato in reggia da Ottoboni, e un progetto per pala d’altare di Antonio Bicchierari, artista anch’esso impegnato (fra i tantissimi) dal “gran cardinale”.

 

A detailed examination of Pietro Ottoboni’s (1667-1740) family relationships and commissions, the “cardinal’s grandson who is above all the most refined after Francesco Barberini” as mentioned by Haskell, allows us to investigate today , even on a personal level, his extraordinary patronage. His relationship with Margherita Pio di Savoia when he was young, whose portrait by Francesco Trevisani, could possibly be retraced to the Correr Museum in Venice.

The close contacts that made up his family circle where we have his cardinal cousins Luigi Prioli and Giovan Battista Rubini induce us to assign to artists under his protection like Angelo De’ Rossi the “Rubini Monument” in S. Marco, and to Francesco Moderati, the Prioli one in the same church.

Some paintings are connected to the cardinal’s presence in Albano: two by Michelangelo Ricciolini, his protégé, in S. Maria della Stella and two by Pietro Lucatelli, in St. Paul’s Abbey where he was the prior, making it his great worldly stage.

Finally, still regarding the Ottoboni world, there was an extraordinary barocchetto manifesto in Rome during the first forty years of the 18th century where the evidence of a Michelangelo Cerruti ceiling in the Cancelleria Palace is carried out again, transformed into a royal palace by Ottoboni, plus a project for an altarpiece by Antonio Bicchierari, one of the artists (among many) to be engaged by the “grand cardinal”.

 

 

Il giardino di Francesco Fontana a Palazzo Colonna

 

Lorenzo Finocchi Ghersi

 

Nella pur breve carriera dovuta alla scomparsa precoce nel 1708, Francesco Fontana dimostra una brillante vena creativa, già distante dal classicismo di stretta osservanza accademica del celebre padre Carlo, e aperta a nuovi stimoli di provenienza europea di stampo rocaille. Questo lo si può osservare anche in un progetto minore ma di sicuro rilievo, data l’ubicazione, come il giardino di Palazzo Colonna alle pendici del Quirinale, in cui la presenza di Francesco, attestata da alcuni documenti, si rivela anche nell’armonia, tutta rococò, che ne scaturisce dal felice rapporto tra architettura, antichità e natura.

 

In his brief career due to his early death in 1708, Francesco Fontana shows a brilliant creative vein, quite apart from the close academic observance of his famous father Carlo, and open to new European rocaille sources of stimulation. This can be observed even in a minor project but of definite importance due to its position like the Colonna Palace’s garden on the Quirinale slopes, where Francesco’s presence, attested by some documents, is revealed in the marvellous rococò harmony which stems from the beautiful balance between architecture, antiquity and nature.

 

 

Un’“Agar e l’angelo” del giovane Ludovico Mazzanti in Spagna

 

Antonio Vannugli

 

A parte i disegni presentati ai Concorsi Clementini dell’Accademia di San Luca tra il 1703 e il 1708, nulla si conosce della produzione di Ludovico Mazzanti anteriormente all’attività per Orvieto, sviluppatasi a cominciare dal 1713 quando il giovane artista aveva già ventisei anni compiuti. Per confronto con il gran foglio accademico del 1704 raffigurante l’Uccisione dei ladroni da parte di Romolo e Remo, e in parte anche con i più maturi affreschi del transetto sinistro della chiesa di Sant’Ignazio a Roma, compiuti nel 1720, si propone qui di attribuirgli, con una datazione tra il 1704 e il 1713, un inedito dipinto su tela in collezione privata spagnola in cui è rappresentata la storia di Agar con Ismaele e l’angelo nel deserto. L’opera – che sia nelle forme sia nella tavolozza appare chiaramente fondata sulla maniera di Giovan Battista Gaulli nella sua estrema evoluzione a partire dal 1695 circa, per incamminarsi ulteriormente verso il classicismo arcadico e l’influsso di Carlo Maratti dominante al tempo di papa Clemente XI Albani – presenta infatti una serie di stilemi compatibili con i modi giovanili di Mazzanti. Peraltro, lo stesso tema iconografico conobbe una considerevole fortuna nell’ambito del classicismo romano a cavallo tra i secoli XVII e XVIII, in buona parte dovuto alla sua ottima compatibilità con la pittura di paesaggio.

 

Apart from the drawings presented in the Clementini Competition of the San Luca Academy between 1703 and 1708, nothing is known about Ludovico Mazzanti’s production previous to his activity in Orvieto, which developed at the beginning of 1713 when the young artist was already twenty-seven years old. By comparing both the big 1704 academic drawing portraying l’Uccisione dei ladroni da parte di Romolo e Remo, and partly with the more mature frescoes in the left transept of the St. Ignatius church in Rome, completed in 1720, we here propose to attribute him, with dates ranging between 1704 and 1713, an unpublished painting on canvas in a private Spanish collection where the story of Agar con Ismaele e l’angelo nel deserto is represented. The work, both in form and palette, clearly appears to be based on Giovan Battista Gaulli’s manner in his extreme evolution which started around 1695, where it then continued to progress towards the Arcadian classicism and Carlo Maratti’s influence which was dominating during pope Clemente XI Albani’s time – in fact it produces a series of styles compatible with Mazzanti’s young ways. Moreover, the same iconographic theme was very popular in the Roman classical sphere breaching the XVII and XVIII centuries, mainly due to his excellent compatibility with landscape painting.

 

 

Luigi Vanvitelli a Siena e i disegni di progetto per la Chiesa di S. Agostino

 

Bruno Mussari

 

I disegni di progetto di Luigi Vanvitelli per la riconfigurazione della Chiesa di S. Agostino a Siena del 1747, allegati alla documentazione della causa intentata dai Padri Agostiniani contro gli impresari incaricati di realizzare il progetto, offre l’occasione per riflettere sull’intervento vanvitelliano senese, generalmente poco indagato. L’analisi dei disegni inediti, il dettaglio della documentazione archivistica e il confronto con l’architettura esistente, hanno consentito di chiarire definitivamente quale fosse l’idea originaria pensata da Vanvitelli per riconfigurare lo spazio dell’edificio medievale, un’idea in cui ricorrono modelli, repertori e schemi compositivi propri dell’architetto e identificativi della sua produzione. Un progetto immediatamente successivo a uno iniziale affidato ad operatori locali e bloccato all’inizio della sua esecuzione, ma di cui rimangono i disegni, anch’essi inediti, che qui si presentano. Su quel progetto iniziale si innestò quello di Vanvitelli, in parte alterato da un intervento di Antonio Galli Bibiena del 1752, che ne modificò l’impianto nella sistemazione del transetto. Nonostante le trasformazioni apportate e di alcune imprecisioni riscontrate nell’esecuzione complessiva dell’opera, la grande aula della chiesa mostra chiaramente i caratteri dell’architettura vanvitelliana.

 

Luigi Vanvitelli’s project drawings for the reconfiguration of S. Augustine’s church in Siena 1747, are attached to the documentation regarding the cause of intent by the Augustinian Priests against the assigned contractors to do the project, offers us the occasion to reflect upon Vanvitelli’s intervention in Siena, marginally inquired into. The analysis of the unpublished drawings, the detail of the archival documentation plus the comparison with the existing architecture, have allowed us to clarify once and for all which was Vanvitelli’s original idea for the reconfiguration of the mediaeval space of the building. An idea where models, repertoires and compositional schemes are sought after by the architect himself and are an identification of his production. A project which was immediately after an initial one entrusted to local workers and blocked at the beginning, of which we have however the unpublished drawings, that we present here. Vanvitelli’s project was grafted into the initial one, partly altered by Antonio Galli Bibiena’s intervention in 1752, who modified the setting in the transept arrangement. Notwithstanding the transformations and some inaccuracies found in the overall execution of the work, the big hall of the church clearly shows the characteristics of the vanvitellian architecture.

 

 

Riammodernamenti, aggiunte e nuovi inserimenti: l’architettura sulle preesistenze
nei progetti di Giuseppe Antonio Ambrosi a Bologna nel XVIII secolo

 

Veronica Balboni

 

La fenomenologia degli interventi architettonici sulle preesistenze elaborata da Guglielmo De Angelis d’Ossat nel 1978 è il riferimento metodologico essenziale con il quale è stato affrontato il tema del contributo: il concetto di architettura sulle preesistenze in ambito bolognese nel XVIII secolo, attraverso la produzione teorica e pratica di eruditi ed architetti, come Marcello Oretti (1714-1787) e Giuseppe Antonio Ambrosi (1700- 1764). La disamina di alcune fonti archivistiche, manoscritti e disegni di progetto inediti, ha permesso di individuare i segnali di una particolare sensibilità nei confronti dell’architettura esistente, operata non solo in via teoretica ma anche applicata nella realtà concreta del progetto. Affiora così un contesto culturale che sebbene ancora in maturazione e lontano dal traguardare i moderni concetti di tutela e restauro, è già piuttosto articolato, foriero di nuove interpretazioni critiche e comunque significativo se posto a confronto con la coeva situazione romana.

 

The phenomenology of architectural interventions on the pre-existing elaborated by Guglielmo De Angelis d’Ossat in 1978 is the essential methodological reference that the theme of the contribution faced: the concept of architettura sulle preeistenze in the XVIII century Bolognese ambit, through the scholars’ and architects’ theoretical and practical production, like those of Marcello Oretti (1714-1787) and Giuseppe Antonio Ambrosi (1700-1764). Close examination of some archival sources, manuscripts and unpublished project drawings, has allowed to detect signals of a particular sensitivity with regards to the existing architecture, carried out not only theoretically but also applied practically. There comes to light therefore a cultural context which although still in incubation and far from the goal of modern concepts of tutelage and restoration, is quite articulated, forerunner of new critical interpretations and however significant when put in comparison with the coeval Roman situation.

 

 

Il “Trattato Pratico delle Proporzioni e Proporzionalità” di Nicolò Ricciolini in una copia di Leonardo de’ Vegni
(ms. Palatino 1152 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze)

 

Maria Barbara Guerrieri Borsoi

 

Il ms. Palatino 1152 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze contiene la trascrizione di un perduto trattato elaborato dal pittore e architetto Nicolò Ricciolini, di cui si avevano notizie elogiative tramite fonti settecentesche. Dedicato al tema “sopra l’applicazione delle proporzioni Musiche all’Architettura”, l’opera è ricca di rimandi agli autori classici della trattatistica architettonica e getta anche nuova luce sui saperi di Ricciolini, giudicato dai contemporanei come uomo di buona cultura. La copia analizzata appartenne all’architetto Leonardo de’ Vegni, come si ricava da un appunto inserito nell’opera, che la realizzò a Roma nel 1767 corredandola con belle tavole qui in parte riprodotte. Benché i disegni debbano essere anch’essi copie da quelli di Ricciolini appaiono ben comparabili con fogli autografi del de’ Vegni, caratterizzati da grande eleganza e accuratezza, atte a garantire la piena leggibilità e quindi la finalità didattica degli elaborati, in linea con gli orientamenti culturali del suo autore.

 

The ms. Palatino 1152 of the Central National Library in Florence contains the transcription of a lost treatise elaborated by the painter and architect Nicolò Ricciolini, about whom there was praiseworthy news from eighteenth century sources. Dedicated to the theme “above the application of Music proportions to Architecture”, the paper is rich with references to the classical authors of architectural literature and even throws new light upon Ricciolini’s knowledge, judged by his contemporaries as a man of culture. The copy analysed belongs to the architect Leonardo de’ Vegni, as can be seen from a note in the margin, which he did in Rome in 1767 accompanying it with beautiful tables here partially reproduced. Although even these drawings must have been copied from Ricciolini’s drawings they can be compared to de’ Vegni’s autographed ones, which are beautifully elegant and accurate, made so as to guarantee full legibility and hence the didactic goal of the elaborates, in line with the cultural guidelines of its author.

 

 

It may with truth be said, that with this artist the first epoch of painting in water colours originated:
gli acquerelli di John ‘Warwick’ Smith al British Museum

 

Elania Pieragostini

 

Il saggio si propone di analizzare la personalità di John ‘Warwick’ Smith (1749-1831), acquerellista inglese vissuto in Italia tra il 1776 e il 1781, attraverso la corposa ed interessante collezione dell’artista conservata presso il Dipartimento Disegni e Stampe del British Museum a Londra. Grazie ad un’inedita ricerca archivistica e documentaria sulla provenienza delle opere, si ricostruisce la storia collezionistica dei vari nuclei, con una riflessione su alcune differenze stilistiche riscontrate nei due diversi gruppi di opere raffiguranti il Galles.

Nella parte centrale dell’articolo vengono prese in considerazione le vedute romane, tra le quali si possono ammirare alcuni dei capolavori di Smith: il saggio si concentra sui differenti approcci del pittore nei confronti della luce, del cielo e degli effetti atmosferici, probabilmente spiegabili in rapporto alle richieste della committenza. Le opere romane vengono poi messe a confronto con acquerelli di altri paesaggisti inglesi presenti a Roma tra gli anni Settanta ed Ottanta del Settecento, in particolar modo Francis Towne, anche nell’ambito della pubblicazione delle Select Views in Italy, i due celebri volumi corredati da incisioni tratte dai disegni di Smith, collegati al fenomeno del Grand Tour ed in seguito studiati da Turner.

Il catalogo romano dell’artista si pone come esempio paradigmatico della novità della pittura che tali artisti professavano, permettendoci di inserirlo in una più generale riflessione sull’acquerello e sulla pittura on the spot.

 

John ‘Warwick’ Smith (1749-1831) was an English watercolourist who lived in Italy between 1776 and 1781. This paper will analyse his personality by going through his substantial and interesting collection that is kept in the Department of Drawings and Prints in the British Museum, London. Thanks to an unpublished archival and documentary research regarding the origin of the works, we are able to reconstruct the various parts of the collection’s history, with a reflection on some stylistic differences found in the two different groups of the works depicting Wales.

In the middle part of the article the Roman views are taken into consideration, amongst which one can admire some of Smith’s masterpieces: the paper concentrates on the different approaches made by the artist regarding light, sky and the effects of the atmosphere, probably due to the client’s requests. The Roman works are then confronted with other English landscapers in Rome between the seventies and eighties of the 18th century, particularly Francis Towne and the Select Views in Italy’s publishing context, the two famous volumes with engravings copied from Smith’s drawings, connected to the Grand Tour phenomenon and then studied by Turner.

The artist’s Roman catalogue is a paradigmatic example of the novelty of the painting that these artists demonstrated, allowing us to insert it into a more general reflection regarding watercolour and painting on the spot.

 

 

L’incompiuto terzo volume degli Edifici antichi e moderni di Roma di Giovan Battista Cipriani

 

Elisa Debenedetti

 

Due manoscritti dell’Angelica (1602 e 1660) permettono di far luce sugli emendamenti che Cipriani avrebbe apportato ai tomi I e II degli Edifici di Roma antica e moderna. Vedute in contorno, del 1817; e ci indicano anche come l’Autore avrebbe desiderato pubblicare il III, previsto per il 1820. Ciò soprattutto nella sua ultima parte, ove avrebbero trovato posto gli edifici di età moderna, i cui disegni preparatori datano in massima parte al 1819: particolarmente quelli riguardanti il recinto di Villa Borghese ad opera degli Asprucci. A quest’ultimo è dedicato un vero e proprio Taccuino d’artista, assai interessante in quanto permette di posticipare di due anni alcune incisioni, offrendoci al contempo l’occasione di analizzare meglio la poetica di questo instancabile disegnatore nei confronti dell’architettura neoclassica del suo tempo.

L’incompiuto terzo volume degli Edifici antichi e moderni di Roma di Giovanni Battista Cipriani.

 

Two manuscripts of the Angelica (1602 and 1660) allow us to shed light on the revisions that Cipriani would have made on the tomes I and II of the Edifici di Roma antica e moderna. Vedute in contorno, 1817; they also show us how the Author would have liked the III one to be published, forecasted for the year 1820. Above all in the last part, where the modern buildings would have found their place, the preparatory drawings of which date mostly to the year 1819: particularly those regarding the enclosure of Villa Borghese by Asprucci. A true and proper Artist’s notebook is dedicated to the latter, very interesting in that it allows us to postdate some engravings by two years, offering us at the same time the occasion of better analysing the poetics of this tireless sketcher regarding the neoclassical architecture of his time.

 

 

Raimondo Trentanove fra Canova e Thorvaldsen

 

Rita Randolfi

 

Il contributo si propone di ricostruire in maniera ragionata e cronologica la carriera artistica di Raimondo Trentanove, figlio dello stuccatore Antonio, divenuto famoso e ricercato da una  committenza sia italiana sia straniera.  La sua fortuna si deve inizialmente all’intercessione di Canova, che gli procura commissioni importanti, ma grazie al suo talento artistico e canoro guadagnerà  l’amicizia e la stima di Thorvaldsen e di Tenerani, nominati persino nel  Testamento e nell’Inventario dei beni, il primo come perito, il secondo come esecutore. Il saggio dimostra quindi come fin dagli esordi Trentanove cerchi di coniugare la lezione del maestro di Possagno con quella dello scultore danese, elaborando una sintesi tra naturalismo e forma ideale che ne decreterà il successo.  Inoltre il catalogo di Raimondo viene ampliato da alcune scoperte importanti ed inedite: la commissione di un busto per la tomba del cardinale Severoli per S. Maria sopra Minerva, perduto, ma certificato da un documento pubblicato qui per la prima volta, e l’identificazione di due straordinari ritratti femminili, firmati e datati 1827, in Maria Amalia e Maria Cristina di Borbone, sposata, quest’ultima, con Carlo Felice di Savoia. Trentanove si rivela un imprenditore di se stesso, per tutta la sua esistenza continuerà a copiare opere dall’Antico, da Canova e  da Thorvaldsen, strategicamente esposte nello studio-negozio di via della Purificazione, ma si dimostra anche un viveur, ed un appassionato di scavi archeologici condotti persino nella sua Villa fuori Porta Salaria, dove ritroverà un anello giudicato dalla preposta commissione di antichità e belle arti di scarso valore. La morte prematura e l’aver assolto commissioni destinate ad un pubblico privato hanno oscurato la brillante vicenda artistica di questo scultore, che invece oggi sorprende per la sua spiccata perizia tecnica e la bellezza  dei suoi ritratti.

 

This contribution proposes to reconstruct in a reasonable and chronological manner Raimondo Trentanove’s artistic career. He was the son of Antonio the plasterer, who became famous and sought after by Italian and foreign clients. His fortune begins with Canova who obtains important commissions for him, but thanks to his artistic and singing talents he gains Thorvaldsen’s and Tenerani’s friendship and esteem, they were even mentioned in the will and in the goods Inventory, the first as technical expertise and the second as will executor. The paper demonstrates, therefore, how from the beginning Trentanove tries to unite the maestro from Possagno’s lesson with the Danish sculptor’s, elaborating a synthesis between naturalism and ideal form which decrees his success. Moreover Raimondo’s catalogue is amplified by some important unpublished finds: the commission for a bust for Cardinal Severoli’s tomb in S. Maria sopra Minerva, lost, but certified by a document published here for the first time, and the identification of two extraordinary female portraits, signed and dated 1827, of Maria Amalia and Maria Cristina of Borbone, the latter was married to Carlo Felice from Savoia. Trentanove is a good entrepreneur of himself, for the whole of his existence he will continue to copy from Antique works, from Canova and Thorvaldsen, then strategically putting them on show in his studio-shop in via della Purificazione. He is also a viveur, passionate about archaeological excavations that he even conducted in his villa outside Porta Salaria, where he finds a ring, judged by the responsible Antique and Fine Arts commission of little value. His premature death and having done works for private customers shadowed the brilliant artistic theme of this sculptor, who surprises us today with his strong expertise and his beautiful portraits.

 

 

Ducros e Volpato interpretano Villa Ludovisi: il Palazzo Grande nel disegno della Collezione Lanciani
e gli sviluppi artistici

 

Carla Benocci

 

Nella Collezione Lanciani (Biblioteca dell’Istituto di Archeologia e Storia dell’arte, Roma) si conserva un disegno a penna e matita su carta con una veduta “per angolo” della piazza con la fontana del Tritone, antistante il ponte di collegamento con il “cortile grande”, davanti al Palazzo Grande della Villa Ludovisi, secondo l’assetto secentesco precedente il rinnovamento del 1808. Due acqueforti di analogo soggetto di Francesco Piranesi del 1745 e del 1748-1752 (Museo di Roma e Collezione Lanciani) e un’altra acquaforte di Giovanni Volpato (Istituto Nazionale per la Grafica - Calcografia Nazionale) offrono diverse interpretazioni del sito, mentre il disegno rappresenta una veduta “per angolo”, d’ispirazione piranesiana, che valorizza la collocazione urbanistica della villa e del Palazzo Grande in particolare. Da questo disegno sono tratti due acquerelli: il primo è ritenuto di Abraham-Louis-Rodolphe Ducros (Musée Cantonal des Beaux-Arts di Lausanne) e datato intorno al 1780; il secondo è comparso sul mercato antiquario nella mostra fiorentina del 2015 e reca sul margine inferiore la dicitura a sinistra “Ducros et Volpato” e altre indicazioni; nel fondo Volpato della Calcografia Nazionale romana è conservata un’acquaforte tratta sempre dal disegno e da questo secondo acquerello, realizzata da Ducros e Volpato. Il disegno è quindi attribuibile a questi due artisti e databile al 1779-1780.

 

In the Lanciani Collection (Institute of Archeology and History of Art Library, Rome) there is a pen and pencil paper drawing with a “corner view” of the square with the Triton fountain, before the connecting bridge with the “big courtyard”, in front of Villa Ludovisi’s Grand Palace, according to the seventeenth-century arrangement preceding the 1808 renovation. Two etchings with the same subject by Francesco Piranesi of 1745 and 1748-1752 (Rome Museum and Lanciani Collection) and another etching by Giovanni Volpato (National Graphics Institute - National Chalcography) offer different interpretations of the site, whilst the drawing represents a “corner view”, of Piranesian inspiration, which enhances the urban layout of the villa and in particular the Grand Palace. Two watercolors are copied from this drawing: the first one is thought to be by Abraham-Louis-Rodolphe Ducros (Musée Cantonal des Beaux-Arts of Lausanne) and dated around 1780; the second appeared on the antiquarian market in the Florentine exhibition of 2015 and has on the lower left margin the wording “Ducros et Volpato” and other indications. In the Roman National Chalcography Volpato fund, there is an etching, as always copied from the drawing, and this second watercolor was done by Ducros and Volpato. The drawing is therefore attributable to these two artists and can be dated back to 1779-1780.

 

 

I contratti per la costruzione del portico settecentesco della basilica romana di Santa Maria Maggiore

 

Fernando Bilancia

 

Nel 1741 ebbe inizio a Roma la costruzione del nuovo portico della facciata della basilica di S. Maria Maggiore. Autore del progetto fu Ferdinando Fuga, che fu anche direttore dei lavori. Sulla base dei pagamenti che furono effettuati durante l’esecuzione dei lavori ed a saldo al termine dei medesimi, in anni più o meno recenti alcuni studiosi hanno individuato il contributo fornito dagli artisti e dagli artigiani impegnati nella realizzazione dell’opera. Nel presente articolo viene invece approfondita la conoscenza della fase che precedette l’inizio dei lavori, pubblicando per la prima volta i contratti stipulati a gennaio ed a giugno del 1741 con quattro dei principali artefici dell’opera stessa. Si tratta del capomastro muratore Nicola Butti, dello scalpellino Pietro Paolo Rotolone, dell’intagliatore di pietre Giovanni Moneti e dello stuccatore Pietro Galli, tutti artigiani che all’epoca erano ben noti per aver partecipato alla realizzazione anche di altre importanti costruzioni. La pubblicazione di questi contratti, di cui fanno parte i capitolati nei quali sono minuziosamente descritte le opere da eseguire, integra i dati che si desumono dai pagamenti e consente di completare l’indagine cognitiva riguardante la costruzione di questa che è una delle opere più importanti realizzate dell’architetto Fuga.

 

In 1741 the new portico for the Basilica of S. Maria Maggiore’s façade was under construction in Rome. Ferdinando Fuga was the project’s author and director of works. Contributions were made by the same artisans and artists, this was deducted by several scholars who quite recently took into consideration the payments that had been made to the artists and artisans working on the project. This paper takes the matter further by regarding the beginning of the works, publishing for the first time the contracts drawn in January and June in 1741 with four of the major authors of the work itself. We would like to mention the bricklayer Nicola Butti, the stonemason Pietro Paolo Rotolone, the stone carver Giovanni Moneti and the plasterer Pietro Galli, all these artisans were famous at the time for having accomplished other important constructions. The publication of these contracts together with the specifications where the works to be done are described in minute detail, integrate the data gathered from the payments made and allow us to complete the cognitive investigation concerning the construction of this work being one of the most important accomplished by the architect Fuga.

 

 

Il viaggio in Francia e Italia di Charles Palmer (1692-1764): notizie da un manoscritto inedito

 

Matteo Borchia

 

Attraverso l’analisi del materiale manoscritto conservato nella Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte viene ricostruito l’itinerario del viaggio compiuto dall’inglese Charles Palmer in Francia e in Italia tra il 1739 e il 1740. La lettura degli appunti autografi del nobiluomo inglese e di alcune trascrizioni successive alla sua morte permette di ripercorrerne le tappe che da Londra lo condussero fino a Roma e Napoli. Ne emerge il profilo di un uomo attento alle questioni artistiche e alle antichità incontrate durante il lungo percorso. Il manoscritto è arricchito da alcuni disegni che riproducono iscrizioni e opere antiche che colpirono l’attenzione del viaggiatore.

 

The journey undertaken by the Englishman Charles Palmer to France and Italy between 1739 and 1740 is reconstructed through the analysis of the manuscript material observed in the Archaeological and History of Art Library. Reading his autographed notes together with some transcriptions made after his death allow us to retrace his steps from London through to Rome and Naples. There emerges the profile of a man who was aware of the artistic issues and the antiques encountered during his long journey. The manuscript is enriched by some drawings that reproduce inscriptions and antique works that struck the traveller’s attention.

 

 

La facciata del palazzo di Jacopo da Brescia nella Collezione Lanciani

 

Flavia Cantatore

 

Il foglio della Collezione Lanciani rappresenta la facciata della residenza progettata da Raffaello per Jacopo da Brescia, medico papale di Leone X, sulla via Alessandrina in Borgo. Il disegno, di autore anonimo, è stato delineato intorno al 1790, prima cioè delle modifiche del palazzo realizzate nel corso del XIX secolo e soprattutto della sua demolizione (1937) e ricostruzione (1940) in via Rusticucci ad opera di Clemente Busiri Vici per l’apertura di via della Conciliazione.

La fortuna critica dell’edificio raffaellesco presso i contemporanei e oltre è documentata da numerose rappresentazioni e dall’inserimento nei repertori di architettura civile romana a partire da quello di Falda (1655 circa). Il disegno qui presentato mostra alcune importanti differenze al confronto con le altre testimonianze iconografiche e con le immagini fotografiche scattate prima della traslazione del palazzo. Nonostante le inesattezze, l’elaborato resta tuttavia una testimonianza, sinora inedita, di un’architettura prestigiosa in una zona di grande importanza della città, e perciò in entrambi i casi rientra negli obiettivi della Collezione sia per interesse tipologico sia topografico.

 

The Lanciani Collection’s drawing represents the residence’s façade on via Alessandrina in Borgo, which was projected by Raffaello for Jacopo da Brescia, Leone X’s papal doctor. The drawing, by an anonymous author, was done around 1790, that is before the changes done to the palace during the XIX century and above all its demolition (1937) and reconstruction (1940) in via Rusticucci by Clemente Busiri Vici in order to open up via della Conciliazione.

The critical fortune of the Raphaelesque building amongst the contemporaries and beyond is documented by numerous representations and by its insertion in Roman civil architectural repertoires starting with Falda’s (1655 circa). The drawing presented here shows some important differences compared to other iconographic evidence and photographs done before the palace’s transfer. Notwithstanding the inaccuracies, the drawing so far unpublished, is proof of a prestigious architecture in a very important area of the city, it is therefore both typologically and topographically of interest and falls within the scope of the Collection.

 

 

Alcune statue della raccolta Braschi in un disegno del Fondo Lanciani: identificazione, provenienza e restauri
degli scultori Gioacchino Falcioni e Francesco Antonio Franzoni

 

Rosella Carloni

 

Il saggio affronta le problematiche relative al riconoscimento di tre statue antiche, raffigurate a matita e corredate da alcune iscrizioni a penna, in un disegno appartenente già a Rodolfo Lanciani, oggi conservato nel Fondo Lanciani della BIASA. in una cartella che raccoglie le testimonianze di villa Adriana a Tivoli.

Le tre sculture sono identificate sulla base del confronto con altre rappresentazioni grafiche, incisioni e fonti della fine del XVIII secolo, come appartenenti alla collezione Braschi, provenienti rispettivamente le prime due da villa Adriana, mentre la terza era stata rintracciata nel territorio dell’antica colonia di Potentia. Proprio sulla base dei ritrovamenti delle ultime due, “Hermes che si allaccia il Sandalo” e “Livia”, si propone la datazione del disegno tra la metà degli anni Novanta del Settecento e l’instaurazione della prima Repubblica Romana (1798-’99), quando iniziarono le prime requisizioni francesi.

La figurazione grafica del Fondo Lanciani documenterebbe lo stato di alcune antichità esposte a palazzo Braschi ed i relativi restauri, evidenziando attraverso i nomi dei restauratori lo stretto rapporto tra la collezione privata del pontefice Pio VI Braschi e quella pubblica del museo Pio-Clementino, poiché sia Gioacchino Falcioni che Francesco Antonio Franzoni vi lavoravano da tempo. Il suo autore andrebbe rintracciato nell’ambito della cerchia erudita dei Visconti, in particolare di coloro che gravitavano intorno ai fratelli Filippo Aurelio ed Ennio Quirino Visconti, sempre attenti a recepire le nuove scoperte archeologiche e consultati per una corretta identificazione delle sculture antiche.

 

The paper deals with the issues related to the identification of three ancient statues, drawn in pencil with some pen inscriptions, in a drawing already belonging to Rodolfo Lanciani, which is now kept in the BIASA Lanciani Fund, in a folder that collects the statements of villa Adriana in Tivoli.

The three sculptures were identified by comparing them with other graphic representations, engravings and sources from the late 18th century, as belonging to the Braschi collection, the first two coming from Villa Adriana, while the third was found in the territory of the ancient colony of Potentia. The findings of the last two, “Sandalenbinder” and “Livia”, allowed us to propose dating the drawing between the mid-nineties of the 18th century and the establishment of the first Roman Republic (1798-99), when the first French requisitions began.

The graphic figuration of the Lanciani Fund could record the state of some antiques exhibited at Palazzo Braschi and their related restorations, highlighting through the names of the restorers the close relationship between the Pontiff Pio VI Braschi’s private collection and the Pio-Clementino museum’s public one, since both Gioacchino Falcioni and Francesco Antonio Franzoni worked there for some time. His author should be traced back to the Visconti’s learned circle, especially those who gravitated around the Filippo Aurelio brothers and Ennio Quirino Visconti, always careful to receive the new archaeological finds and consult them for a correct identification of ancient sculptures.

 

 

Acque, ponti e strade. I quaderni di lavoro dell’ingegnere pontificio Luigi Brandolini

 

Fabrizio Di Marco

 

Il saggio concentra l’attenzione sui quaderni di lavoro dell’ingegnere ravennate Luigi Brandolini (1772-1866), conservati nel fondo manoscritti della Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte in Palazzo Venezia a Roma. I documenti testimoniano parte dell’attività del Brandolini nelle sue funzioni di Ispettore del Consiglio d’Arte nel settore dell’idraulica, carica esercitata dal 1818 al 1848, restituendo un’interessante profilo della riformata professione di ingegnere dello stato, che nella Restaurazione assume caratteri e regole derivati dalla precedente esperienza francese. Tali aspetti di continuità sono evidenziati nella multiforme attività del Brandolini, che emerge dalla consultazione delle carte del fondo Consiglio d’Arte e dall’attribuzione di numerosi disegni progettuali contenuti nella collezione Disegni e Mappe, entrambi in Archivio di Stato di Roma. Attività esplicata sia in fase di verifica dei lavori di pubblica utilità durante le visite annuali, alcune descritte nei quaderni, sia in progetti a lui direttamente ascrivibili, tra i quali spiccano quelli per la rotta dell’Aniene a Tivoli (1826) e per gli interventi di manutenzione, miglioramento e restauro dell’Acquedotto Felice (1828-1841).

 

This paper’s attention is focused on the work books of engineer Luigi Brandolini (1772-1866) from Ravenna, which are kept in the manuscript fund of the Archaeological and History of Art Library in Palazzo Venezia in Rome. The documents attest part of Brandolini’s activity in his function as Inspector of the Art Council in the hydraulic section. This function was carried out from 1818 to 1848, restoring an interesting profile of the re-formed profession of a state engineer, who during the Restoration assumes the characters and rules deriving from the previous French experience. These aspects of continuity are highlighted in Brandolini’s multiform activity that emerges from the consultation of the Consiglio d’Arte fund and the attribution of several project drawings contained in the Disegni e Mappe collection, both in the State Archives of Rome. This activity was practised whilst checking the public utility works during the annual visits, some are described in the books, both in the projects to him directly attributable, where we have the Aniene route in Tivoli (1826) that stands out, and the maintenance work, improvement and restoration of the Felice Aqueduct (1828-1841).

 

 

Pietro Piani a palazzo Rasponi-Murat. Il progetto decorativo per la volta della “Sala Azzurra” di Filippo Agricola
tra i disegni della collezione Lanciani

 

Maria Celeste Cola

 

Attribuito ad Andrea Appiani e riferito alla decorazione del palazzo romano dei principi Torlonia, il disegno preso in esame nel contributo era confluito nella celebre cartella 51 della collezione di Rodolfo Lanciani. L’album, conservato presso la Biblioteca Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte, conserva al suo interno secondo l’ordine dato dal celebre archeologo piante, disegni e vedute di edifici e residenze romane.

Attraverso la lettura della didascalia del disegno, apposta nel margine inferiore del foglio, è stato possibile ricondurre la prova grafica al disegnatore e pittore faentino Pietro Piani (1770-1841) che nel corso del 1825 aveva collaborato insieme a Filippo Agricola alla decorazione di palazzo Rasponi- Murat a Ravenna. L’analisi del foglio e il riscontro con gli affreschi del palazzo ravennate ha consentito di rintracciarvi il disegno preparatorio per la volta della cosidetta “Sala Azzurra” del piano nobile che mostra al centro del soffitto il dipinto di Agricola raffigurante La morte di Camilla cui fa riferimento la stessa didascalia del foglio.

Il contributo permette così di aggiungere nuovi dati alla conoscenza del ciclo di palazzo Rasponi-Murat portato alla luce e documentato da Ludovica Mazzetti d’Albertis nel saggio pubblicato in questa stessa rivista nel 2010.

 

In prince Torlonia’s Roman palace there is a decoration attributed to Andrea Appiani, the drawing in question examined in this contribution has merged into the Rodolfo Lanciani collection, the famous folder 51. The album, kept in the Archaeology and History of Art National Library, treasures plans, drawings and views of buildings and Roman residences according to the order given by the famous archaeologist.

By reading through the drawing’s caption, on the lower margin of the page, it was possible to reconduct the graphic proof to the designer/painter Pietro Piani (1770-1841) from Faenza who during the year 1825 had collaborated together with Filippo Agricola in decorating the Rasponi-Murat palace in Ravenna. We were able to trace the preparatory drawing for the so called “Blue Room’s” vault of the first floor by analysing the drawing and comparing it to the frescoes in the palace in Ravenna. It shows the painting by Agricola in the centre of the ceiling, figuring La morte di Camilla to which there is a reference in the same caption on the drawing.

This contribution therefore allows us to add new data to the knowledge regarding that painting cycle in the Rasponi-Murat palace, brought to light and documented by Ludovica Mazzetti d’Albertis in the paper published in this same journal in 2010.